La scarpa da running è l’interfaccia tra il corpo del corridore e il suolo.
La scarpa è un valore aggiunto importantissimo che ha svariati compiti che compie anche se vengono spesso e volentieri non considerati.
Quando corriamo scarichiamo tutto il nostro peso sulle scarpe che grazie alla suola sono in grado di assorbire l’urto al terreno e quindi ammortizzare l’impatto. La parte posteriore, forti calcaneari, hanno il compito di contenere il retropiede e quindi stabilizzare la caviglia per non avere atteggiamenti di iperpronazione o ipersupinazione. La tomaia deve avvolgere e contenere il piede evitando punti di sfregamento fastidiosi evitnando arrossamenti.
Ma come facciamo a capire quando una scarpa non è più in grado di aiutarci e proteggerci durante la corsa?
A questa domanda non può esistere una risposta precisa, ma bisogna esaminare diversi aspetti.
Ogni casa madre produttrice di calzature da running garantisce il perfetto funzionamento per 750/1000 kilometri un valore variabile in base alle caratteristiche fisiche del corridore.
Superati questi kilometri, che per un allenamento medio di 50 km a settimana significa 5 mesi, la calzatura sarebbe da cambiare anche se apparentemente la tomaia può sembrare come nuova. Dopo aver subito tante sollecitazioni la suola della scarpa perde quelle propietà come l’ammortizzazione e l’esasticità che servono a salvaguardare le nostre articolazioni e tendini.
Naturalmente possiamo continuare ad utilizzare questa scarpa per il tempo libero o per tutto quello che possa essere una attività diversa del running.
Prima di arrivare però ai famosi 750 kilometri dobbiamo sempre badare a osservare determinate caratteristiche della scarva:
-suola
-tomaia
-forti calcaneari
-imbottitura interna calcaneare.
Se consumiamo la suola in maniera asimmetrica i problemi sono due:
-la scarpa non è adatta al nostro modo di correre
-il nostro modo di correre non è corretto.
Nel primo caso significa che la scarpa non contiene il nostro piede e quindi è troppo leggera per noi, vicevarsa la seconda ipoteri dobbiamo valutare se anche le scarpe del tempo libero hanno una usura scorretta e quindi approfondire l’argomento con un esperto del settore.
La tomaia non deve esser bucata, o meglio se dopo 100 km abbiamo bucato o rovinato la tomaia il nostro piede lavora male all’interno di questa scarpa.
I forti calcaneari devono esser sempre simmetrici e non devono cedere verso l’interno o l’esterno.
All’interno della calzatura nella parte posteriore vi è una imbottitura che protegge il calcagno, dobbiamo sepre verificare che l’imbottitura non sia rovinata o rotta per evitare sgradevoli sfregamenti.
I nostri tecnici ortopedici valutano sempre le scarpe usurate durante una valutazione, per migliorare la corsa e consigliare il meglio ai propri pazienti. Non è consigliato variare la scarpa in marca e modello, ma se ci si trova bene con una scarpa in particolare è bene riproporla, “sappiamo quello che lasciamo ma non sappiamo quello che troviamo”.